UNA NUOVA REALTA' - di Daniele Mingolelli
Era tardi come ogni sera, purtroppo.
Leo non era riuscito nemmeno stavolta a smettere un po' prima di lavorare, e dire che si era ripromesso più volte di farlo. Da quando aveva vissuto quell'incredibile esperienza non era più riuscito a concentrarsi come doveva sui suoi impegni lavorativi. E dire che ci aveva provato tante volte. Era come se tutto intorno a sè avesse avuto d’improvviso poco senso e, inutile negarlo, non riusciva più a sentirsi lo stesso di prima. Ripensava spesso a quella straordinaria avventura passata a bordo di quella ancor più straordinaria stazione spaziale del futuro, e a tutto ciò che aveva vissuto insieme a quelli che ormai sentiva come suoi buoni amici. Chissà come sarebbe stato poter tornare su Deep Space Nine, anche solo per un attimo; andare a farsi una chiacchierata con Julian e Miles al bar di Quark, davanti ad un buon raktajino caldo. E chissà come sarebbe stato rivedere lei…
Si era poi svegliato da quei sogni impossibili, scacciando velocemente quei pensieri dalla mente. Stancamente, con un gesto ormai consueto, aveva composto il numero di cellulare della moglie per avvisarla che stava per uscire solo ora dall’ufficio e che sarebbe tornato più tardi. Ormai era quasi un rito, e la santa donna all’altro capo del telefono non ci faceva nemmeno più troppo caso.
Di nuovo la strada buia, di quel buio pesto delle serate senza luna. Leo aveva ancora il vivo ricordo di quella notte in cui iniziò tutto… si trattava proprio di una notte come quella. L’unica differenza era che stavolta non pioveva, per fortuna: era ancora autunno dopotutto. Ma perché tornava a pensare a quelle cose? Forse era meglio distrarsi ascoltando un po’ la radio.
Notiziari serali… sempre la solita storia. La situazione nel paese di Leo non era rosea: la crisi economica toccava ormai proporzioni preoccupanti, molta gente ne risentiva e spesso Leo si soffermava a pensarci. Chissà come sarebbe stato perdere quel lavoro che aveva faticosamente conquistato… già gli sembrava difficile dover mantenere la famiglia nelle sue attuali condizioni e s’immaginava con terrore cosa potesse significare non avere più nessuna garanzia per il futuro. La situazione politica non lo risollevava certo da quei pensieri foschi. Il suo paese era attanagliato da una classe politica ormai corrotta e senza scrupoli, che non sembrava più interessata a governare il popolo ma solo a sfruttarlo il più possibile per i propri biechi interessi. Anche la situazione internazionale non sembrava molto migliore, dopotutto. I focolai di guerra nel vicino medio oriente si erano accesi sempre di più in quegli ultimi tempi, e c’era il serio rischio di un conflitto globale in procinto di divampare da un momento all’altro. Un conflitto che non avrebbe di certo risparmiato l’uso delle tanto temute armi atomiche, così osteggiate in passato quanto spavaldamente evocate invece da qualche decennio a questa parte.
Ma cosa era mai successo a quel suo mondo? L’uomo sembrava aver perso nuovamente il lume della ragione, come quando cadde nel baratro dell’ultima guerra mondiale, durante la metà del secolo scorso. Le flebili speranze di pace e prosperità che avevano rischiarato l’orrore di quelle buie esperienze ormai sembravano come offuscate, se non quasi del tutto dimenticate. Pace, prosperità e uguaglianza tra i popoli avevano assunto un significato quasi del tutto fittizio, come fossero una pallida maschera teatrale da esporre in occasioni ufficiali, e da togliersi subito dopo per mostrare un volto ben diverso nei fatti. Interessi economici e politici erano gli unici veri stimoli di intervento degli stati nazionali, che nel frattempo si erano sempre più divisi tra loro, a dispetto delle belle parole snocciolate nelle conferenze stampa e nei consessi internazionali.
Spesso Leo aveva pensato a quanto quel suo mondo fosse diverso da quello del lontanissimo 24° secolo che aveva avuto il privilegio di visitare. In quei momenti si chiedeva sempre più insistentemente come sarebbe mai stato possibile per l’uomo risollevarsi dalla sua infima situazione, per raggiungere finalmente quella agognata realtà. Forse sarebbe servito lo spettro di una nuova, ancor più terribile guerra per raggiungere quell’obiettivo? In cuor suo sperava davvero non fosse così, anche se in verità lo stava temendo sempre più spesso.
Mentre si perdeva in quei pensieri sentì d’improvviso uno strano rumore provenire dalla sua auto. Un suono sordo era scoccato dal lato esterno della carreggiata e aveva provocato un fragoroso rumore d’impatto dall’interno del motore. Un denso fumo ed un fitto odore di bruciato erano penetrati nell’abitacolo, spaventando alquanto il povero Leo che tuttavia riuscì a rimanere freddo e a decelerare lentamente. La strada era semideserta a quell’ora ed era anche scarsamente illuminata, a causa degli scellerati risparmi sull’illuminazione pubblica operati dai comuni in quegli ultimi tempi. Leo, ancora scosso e spaventato dall’accaduto, era riuscito ad accostarsi alla meglio lungo una piccola rientranza della strada che stava percorrendo. Questa costeggiava una zona verdeggiante e brulla, immersa in un quartiere periferico limitrofo al suo luogo di lavoro. L’uomo uscì di corsa dall’auto e aprì il cofano, cercando di capire cosa fosse successo. Un denso fumo nero si liberò dal motore dell’automobile, non lasciando presagire nulla di buono sulla causa del guasto. Sarebbe stato difficile tornare a casa presto, pensò con tristezza e preoccupazione Leo mentre cercava invano di raccapezzarsi sul da farsi. Cercò di usare il suo cellulare per chiamare i soccorsi ma si accorse con disappunto che era di nuovo fuori uso: succedeva sempre nel momento meno opportuno! Avrebbe dovuto assolutamente cambiarlo, quel dannato cellulare…
Mentre pensava questo sentì uno strano rumore provenire dalla campagna di fronte a lui e, d’istinto, si contrasse e si mise al riparo dietro ad un albero poco distante. Erano rumori di passi che avanzavano veloci tra l’erba secca. D’improvviso due figure scure si palesarono in lontananza. Leo riuscì appena a vederle in quell’oscurità minacciosa: erano due strani uomini estremamente magri, che indossavano un vestito scuro ed uno strano cappello, come di quelli che si usavano molti anni fa. Se non fosse stato in quella situazione drammatica Leo avrebbe giudicato la cosa quasi comica, ma purtroppo in quel momento era tutt’altro che allegro. L’incedere dei due figuri era strano, era come se si muovessero sotto l’effetto di sostanze allucinogene o qualcosa che impediva loro di muoversi con fluidità. Questo, in un certo senso, era un indubbio vantaggio per il povero Leo, che non si sentiva affatto tranquillo in quella situazione. Perché mai avrebbero dovuto nascondersi nella boscaglia se non per cercare di aggredirlo?
D’improvviso Leo fece un brusco movimento e si rese purtroppo visibile ai due magri figuri, che in risposta si arrestarono improvvisamente estraendo qualcosa che sembrava una strana arma. Ciò fu sufficiente per far scattare l’uomo in una corsa disperata nell’esatta direzione opposta da dove provenivano i minacciosi figuri. Leo non era affatto abituato a correre né tantomeno era veloce ma la paura lo aiutò a fare quasi l’impossibile, complice anche la lentezza degli strani uomini dal completo scuro. Spaventatissimo cercò di infilarsi anch’egli nella zona boscosa a ridosso della strada, sperando di rendere il compito degli assassini il meno facile possibile. Di tanto in tanto sentiva degli strani schiocchi provenire da quelle armi… ma dove aveva già sentito quel rumore? Sapeva che là vicino avrebbe potuto rifugiarsi nella stazione della metropolitana, non mancava molto per fortuna. Attorno a sé vedeva ogni tanto dei rami di albero cadere per effetto di quelle armi. Improvvisamente Leo capì che si trattava di armi ad energia, come quelle che aveva visto su DS9. Erano indubbiamente dei phaser! Ma era mai possibile che qualcuno nel suo tempo avesse dei phaser? E perché mai doverli usare contro uno come lui? La sua mente si torturava con quelle domande almeno quanto il suo corpo, che in quel momento stava quasi cedendo alla fatica della corsa, così poco agile e atletico qual’era.
Finalmente le luci della stazione della metropolitana apparirono di fronte a lui, e per Leo fu quasi come una liberazione. Forse avrebbe avuto una possibilità di rifugiarsi là dentro, anche se in verità era molto tardi e probabilmente non ci sarebbe stata molta gente a distogliere gli assassini dalle loro macabre intenzioni. Uno di questi, nel frattempo, inciampò in una buca del terreno cadendo goffamente a terra. L’altro cercò di aiutarlo ancor più goffamente e questo diede fortunatamente al povero Leo la possibilità di uscire allo scoperto.
L’uomo si precipitò nella stazione della metropolitana che appariva apparentemente deserta. L’illuminazione era fioca e mal distribuita, proprio come in una tipica stazione della metropolitana di periferia. Anni fa utilizzava molto spesso la metropolitana e quella stazione la conosceva abbastanza bene, per fortuna. Un annoiato controllore aspettava svogliatamente l’ora di chiusura guardando il suo orologio da polso, sperando che il tempo in questo modo passasse più velocemente. Ma quella apparente tranquillità era destinata presto a svanire. D’improvviso gli si precipitò davanti una furia forsennata a tutta velocità: era Leo che cercava disperatamente aiuto urlando come un ossesso. Il tizio si scosse appena dal suo torpore rimanendo quasi del tutto impassibile e chiedendo anzi al pover’uomo di esporre il biglietto di ingresso. Era come se non credesse alla sua richiesta d’aiuto o non stesse capendo ciò che realmente stava succedendo. Sconvolto Leo proseguì nella sua disperata fuga scavalcando come potè i tornelli di ingresso ancora chiusi, mentre minacciosi sentiva avvicinarsi sempre più i passi dei due assassini. Questi continuavano ad avanzare nel loro solito incedere dinoccolato, ma ben risoluti nel loro intento criminale. Leo cercò di precipitarsi lungo i gradini della scala che porta ai treni, dirigendosi lungo un corridoio poco visibile e tentando così di sviare i suoi inseguitori. Mentre correva si stava chiedendo come aveva potuto resistere in quella corsa forsennata senza rimanere a terra dalla stanchezza. Le gambe e i piedi gli facevano un male tremendo ma nonostante tutto riusciva ancora a correre: evidentemente il suo istinto di sopravvivenza era più forte di ciò che immaginava. Tuttavia il fiatone e la fatica si facevano pesantemente sentire e si chiese per quanto ancora avrebbe potuto resistere a quello sforzo. I due assassini, benchè apparentemente goffi e malfermi, riuscivano invece a rimanergli sempre dietro a poca distanza: Leo riusciva a sentire il rumore sordo delle loro scarpe di cuoio. Ma come diavolo facevano a riuscire ad andare dovunque cercasse di scappare? E perché mai quella stazione, notoriamente sempre affollata, quella sera era invece così stranamente deserta e silenziosa?
Leo sapeva che se non si fosse presentato un classico colpo di fortuna avrebbe ben presto dovuto arrendersi: sperava a quel punto nell’arrivo fortunato di un treno che avesse potuto prendere al volo per sfuggire ai suoi inseguitori, magari prima che loro riuscissero a salire. Ma purtroppo quelle cose succedevano solo nei film e, puntualmente, le banchine dei treni apparirono tristemente deserte quando le raggiunse. L’uomo era disperato e non sapeva davvero più cosa fare: affannato e sudato cercò alla meglio di nascondersi dietro un pilastro alla fine della banchina ma sapeva bene che si trattava solo di un tentativo disperato. I due uomini apparvero minacciosi dal corridoio d’ingresso muovendosi lentamente, come al loro solito, per cercare di localizzarlo. Avevano entrambi indosso uno strano vestito nero con una camicia bianca e una sottile cravatta nera. La loro corporatura e l’altezza coincidevano, al punto che pareva quasi fossero gemelli. I due cappelli neri che indossavano coprivano in parte il loro viso che sembrava stranamente butterato o forse addirittura tumefatto.
Leo era ormai in preda al terrore e non riuscì a trattenere il suo respiro affannato: aveva tentato ma senza successo. Questo consentì ai due uomini, al contrario per niente affaticati ma invece appartentemente calmissimi, di identificare la sua posizione correndo verso di lui. Ormai Leo era allo stremo e capì che era giunta la sua fine. Il suo corpo ebbe uno spasmo e cadde a terra, ormai inerme. Guardava i suoi assassini avvicinarsi mentre uno di loro estrasse l’arma: era davvero una pistola phaser come aveva immaginato poco prima. Leo rimase terrorizzato anche dall’aspetto di quei due tizi: non sembravano affatto umani. Il loro viso era grinzoso e pallido e i loro occhi brillavano di una luce rossa e tetra. Il poveraccio non capì se avere più paura della morte o di quei due esseri che sembravano usciti da uno dei suoi incubi peggiori.
Uno dei due puntò verso lo sventurato la sua arma, mantenendosi calmo e in silenzio. Leo non cercò nemmeno di urlare o di pregarli, perché tanto aveva già capito che non sarebbe servito a nulla. Nell’esatto istante prima che l’assassino sparasse Leo parò istintivamente il suo viso con le mani, come volesse disperatamente proteggersi dall’urto del raggio ad energia. E fu in questo momento che successe una cosa inspiegabile. Fu come se le sue mani avessero in qualche modo sprigionato uno scudo di energia che fece dissipare il raggio del phaser lungo il suo corpo, proteggendolo dalla sua inevitabile disintegrazione. Leo rimase basito di fronte a quell’accaduto e pensò che fosse una cosa impossibile. Anche i suoi assassini sembravano altrettanto sgomenti e impreparati a ciò che era successo. L’altro uomo in nero, visibilmente irritato, tentò anch’egli di sparare con il suo phaser contro Leo ma il risultato fu esattamente lo stesso, con somma gioia e sollievo del poveraccio che, al tempo stesso, riuscì anche ad alzarsi nuovamente. Ma non occorse scappare, perché prima che i due potessero reagire a quell’incredibile fatto, si sentì nuovamente l’eco di due phaser. Stavolta, però, i colpi furono indirizzati contro i due assalitori, che caddero a terra con un tonfo sgraziato ed emettendo un urlo raccapricciante. Il sempre più sgomento Leo si guardò intorno cercando di identificare chi fosse stato a sparare, stavolta. Non gli ci volle molto per capirlo e fu un incontro che ricordò a lungo nella sua vita. Vide due uomini correre verso di lui: all’inizio non li aveva riconosciuti perché vestivano con abiti del suo tempo ma, man mano che si avvicinarono, Leo riuscì a capire che si trattava proprio di loro. Si, non poteva crederci ma era proprio così: i suoi salvatori erano Miles O’Brien e Julian Bashir che ora lo avevano finalmente raggiunto correndo trafelati.
“Guardiamarina Giannelli, mi fa molto piacere rivederti! Avevamo proprio temuto il peggio!” – esclamò affannato ma sorridente il capo O’Brien. Leo rimase muto e con la bocca spalancata, incredulo a ciò che stava accadendo. Emise solo qualche balbettio cercando di razionalizzare sull’accaduto, sul fatto che fino a poco tempo prima si trovava normalmente a lavoro, pensando ai suoi amici che non avrebbe mai più potuto incontrare e… che d’un tratto invece erano di nuovo lì davanti a lui, dopo quella rocambolesca avventura. “Leo, so cosa stai pensando ora, che tutto questo ti sembra impossibile o peggio frutto della tua immaginazione… ma devi assolutamente fidarti di noi. Non abbiamo molto tempo per parlare, ora.” – disse preoccupato il dottor Bashir mentre scuoteva il suo braccio nel tentativo di farlo reagire. Leo ovviamente non si fece pregare e corse via con loro, rimanendo però stupito anche di un’altra cosa. Stava perfettamente capendo ciò che dicevano anche senza il traduttore linguistico. Come era possibile tutto ciò?
Mentre stavano tornando indietro lungo il corridoio d’uscita sentirono uno strano rumore dietro di loro. I tre si arrestarono bruscamente e O’Brien spianò il suo phaser all’indirizzo del rumore. Leo aveva capito che qualcun altro li stava raggiungendo. Di scatto una delle grate di aerazione si staccò dal soffitto volando a terra con un tonfo metallico. Ne uscirono due piedi e poi subito dopo la figura di un nuovo assassino, vestito esattamente come gli altri ormai morti. Si lasciò cadere come un sacco di patate floscio, rialzandosi però quasi subito ed estraendo la sua arma contro di loro. Allo stesso tempo s’udirono altri passi davanti ai tre, nella direzione in cui stavano fuggendo e Bashir si sbrigò a porsi di fronte a Leo, proteggendolo con il suo phaser. Un’altra figura sinistra vestita di nero si stava arrampicando lungo la banchina al lato del tunnel, ergendosi con i suoi occhi rosso fuoco e con un ghigno sul viso. I tre erano in trappola, purtroppo.
“Julian, non abbiamo via di scampo qui. Dobbiamo rischiare un teletrasporto d’emergenza.” – sentenziò il capo O’Brien all’indirizzo del dottor Bashir dietro di lui. Il medico annuì e azionò il comunicatore nascosto sotto la sua giacca. “Hanno difficoltà ad agganciare il nostro segnale, capo!” – esclamò allarmato il dottore che cercò di rallentare l’altro assassino di fronte a sé con un colpo di phaser, che tuttavia non andò a segno. Non potevano prendere vie alternative, purtroppo: il tunnel in cui stavano scappando era stretto e non dava possibilità di sfuggire. “Non preoccuparti, Leo. Sono lenti, forse abbiamo qualche istante ancora.” – disse Julian cercando di rassicurare il suo amico, ormai totalmente in preda al terrore. Leo si girò verso O’Brien e si accorse che l’uomo in nero di fronte a lui lo aveva ormai quasi raggiunto. L’ingegnere indietreggiò ma ciò non fu sufficiente: l’uomo ebbe il tempo di sparare un colpo di phaser contro di loro. Leo, che si trovava proprio alle spalle di O’Brien, aprì istintivamente i palmi delle mani in quell’esatto istante, pensando intensamente a respingere il raggio. Un nuovo campo di forza si materializzò di fronte a loro proteggendoli dall’impatto distruttivo del phaser. “Che mi venga un colpo, Leo. Ma come hai fatto??” – esclamò sgomento O’Brien guardando l’ancor piu incredulo e basito Leo. “Squadra 1, prepararsi al teletrasporto!” – si udì finalmente dal comunicatore di Bashir. Nell’arco di una manciata di secondi il raggio di energia del teletrasporto agganciò i tre uomini smaterializzandoli lentamente da quell’incubo metropolitano. Il fuoco di due phaser scoccò dalle armi dei due uomini in nero, all’indirizzo dei loro corpi in viaggio. Fortunatamente non sortì l’effetto da loro voluto.
Si erano teletrasportati in una zona sotterranea non molto distante dal luogo della metropolitana. Julian la chiamava “base operativa 3” e tutto ciò insospettì molto Leo, che non capiva se dover essere più contento o spaventato dell’arrivo insperato dei suoi amici. Quel luogo era molto ben illuminato ed era pieno di strane apparecchiature che sembravano provenire proprio dal futuro che aveva visitato mesi prima. Per quale motivo era stata costruita e, soprattutto, perché qualcuno avrebbe voluto ucciderlo? Stanco e confuso cercò di chiedere spiegazioni al capo O’Brien.
“Leo, anche stavolta sei stato incastrato in qualcosa più grande di te... “ – disse l’ingegnere pensieroso – “…ma temo che in questo caso non potrai fuggire via come è successo la volta scorsa.” Leo era sempre più confuso: “Ma cosa sta succedendo, capo? Come mai siete qui e cos’è questo luogo?” Bashir intervenne cercando di spiegare all’amico: “Leo, ci troviamo in una base segreta costruita dalla Flotta Stellare del nostro futuro. Il vostro mondo è stato invaso da una forza aliena ostile che proviene anch’essa dal futuro”. Questa rivelazione lasciò senza fiato e ancor più confuso di prima il povero Leo. Il dottore riprese: “Quegli uomini che ci hanno attaccato poco fa e che volevano ucciderti in realtà sono degli alieni che provengono dal 29° secolo, ma questo forse lo avevi capito anche da solo guardando il loro aspetto.” “Si chiamano Na’kuhl…” – aggiunse O’Brien – “…e sono una fazione che sfrutta i viaggi nel tempo per modificare la storia di altri popoli, a loro vantaggio.” Cosa avrebbe mai voluto questra razza aliena dal popolo terrestre dell’epoca di Leo? E in che modo lui c’entrava con loro? Erano molti gli interrogativi che continuavano ad arrovellare la mente del povero tecnico in quel momento.
“Prima di parlare d’altro, però, mi devi spiegare come diavolo hai fatto ad attivare quel campo di forza…” – riprese O’Brien ancora sgomento dall’accaduto di prima – “…sembrava proprio uno di quegli scudi individuali che usano i Borg!” Leo non seppe cosa dire se non un laconico: “Non ne ho la minima idea, capo… ne sono stupito almeno quanto te. Mi è bastato pensare di difendermi per attivare quel campo di forza, come se questo si fosse sprigionato dalle mie stesse mani!” Il dottor Bashir estrasse il suo tricorder medico ed analizzò il corpo di Leo alla ricerca di risposte plausibili a quell’incredibile accaduto. Quello che scoprì lasciò senza parole anche lui oltre che i suoi due amici. “Non posso crederci… quello che vedo non può essere vero!” – lo disse in modo tale da far preoccupare tremendamente Leo. Poi riprese: “Durante tutte le visite che ti ho fatto su DS9 non avevo mai notato tutto questo: il tuo sangue è pieno di nanosonde Borg, che si sono fuse ai tuoi anticorpi in una stranissima mutazione genetica!”
Naturalmente Leo non aveva la minima idea di cosa fosse una nanosonda Borg e soprattutto tutto ciò che aveva provocato la loro presenza nel suo organismo. Dopo le spiegazioni di cosa si trattasse, Julian gli fece capire che probabilmente quelle nanosonde si erano generate spontaneamente come conseguenza del trasporto interdimensionale operato dai Borg ai danni dell’inconsapevole Leo. Si trattava evidentemente di una sorta di effetto collaterale che in un primo momento non si era palesato, forse per via della sindrome genetica che Leo aveva contratto dopo il trasporto stesso. Con il ripristino della sua struttura cellulare il corpo di Leo aveva pian piano lasciato le nanosonde agire nel suo organismo, fino ad organizzarsi e adattarsi ad un’esistenza priva di collettività. “E’ comunque molto strano…” – aggiunse il dottore sempre più interessato – “…è come se queste nanosonde siano diverse da quelle che abbiamo conosciuto in passato. Probabilmente si tratta di una variante ideata e realizzata dalla specie Borg individualista che ha tentato di attaccarci.” Leo fu poi disteso su un lettino medico e monitorato con uno bio-scanner computerizzato. “Ma è incredibile!” – intervenne O’Brien – “Julian, ma quelli che sto vedendo sul monitor non sono forse impianti Borg??” Inspiegabilmente le nanosonde avevano generato nel corpo di Leo dei dispositivi cibernetici del tutto simili a quelli dei Borg, ma completamente invisibili all’esterno del suo corpo. Ecco quindi spiegata la presenza del generatore di campo di forza individuale, che aveva protetto istintivamente il corpo di Leo e quello di O’Brien. Bashir scoprì poi che quegli impianti si erano generati solo dopo che il corpo di Leo ne aveva richiesto inconsapevolmente il loro uso. Trovandosi in una situazione di estremo pericolo di vita il sistema immunitario di Leo aveva attivato le nanosonde per difendersi da quella minaccia nel modo più consono, ovvero auto-generando gli impianti cibernetici necessari alla sua difesa. Forse è per questo che fino a quel momento l’uomo non era stato conscio di avere qualcosa di speciale dentro di sè. Insieme al generatore di campo Bashir rilevò anche la presenza di arti inferiori cibernetici, probabilmente anch’essi auto-generati nel momento in cui Leo fuggì a gambe levate dai due agenti alieni.
Leo ebbe così la conferma che la sua alquanto sospetta resistenza alla corsa e alla fatica non era di certo dovuta soltanto al suo semplice istinto di sopravvivenza.
Chissà quali altri meraviglie quella tecnologia aliena gli avrebbe regalato in futuro: un po’ Leo ne ebbe paura ma in un certo senso se ne sentì anche profondamente gratificato. Queste sue nuove capacità sarebbero state enormemente utili ai suoi amici del futuro, anche se questo non poteva ancora immaginarlo.
In quell’istante entrò nella sala un uomo alto e vestito di una strana stoffa che appariva molto attillata ed intrecciata sul corpo, come fosse fatta di uno strano materiale tubolare solido. Si presentò come l’agente temporale Daniels, della Federazione Unita dei Pianeti del 31° secolo. Il disorientamento di Leo si fece ancora più grande: non solo aveva a che fare con persone del futuro, ma stavolta erano addirittura provenienti da due epoche diverse! “Mi rincresce averla coinvolta in questo pasticcio signor Giannelli ma, come le stavano accennando i suoi amici, nella mia epoca è ancora in corso una Guerra Fredda Temporale che l’ha drammaticamente coinvolta… e insieme a lei è stata influenzata tutta la sua linea temporale, purtroppo.”
Leo fu stupito di quanto il suo destino fosse così denso di eventi incredibili e sempre meno comprensibili man mano che passava il tempo. Guerra Fredda Temporale? Non riusciva a capire cosa significasse e cosa c’entrasse tutto questo con lui. Julian gli rivelò che i Na’kuhl, in un momento del loro 29° secolo, avevano già tentato un’incursione temporale della Terra del 20° secolo, per cercare di cambiare le sorti della seconda guerra mondiale, e cambiare così completamente la storia per come l’avrebbero conosciuta dopo. Fortunatamente quei tentativi furono ostacolati e miseramente resi vani dallo stesso agente Daniels. Questo fu possibile grazie alla collaborazione del capitano Jonathan Archer, un uomo leggendario che, gli venne spiegato, consentì alla stessa Federazione di costituirsi nell’ormai lontano (ma lontano solo per Julian e Miles) 22° secolo. Ciò aveva permesso alla Guerra Fredda Temporale di considerarsi ormai conclusa nella linea temporale di Daniels, e la storia del 20° secolo ritornare alla linea temporale originaria.
Daniels fu però costretto successivamente a contattare il capitano Sisko nel 24° secolo per i fatti occorsi dopo l’arrivo di Leo su Deep Space Nine. I Borg che lo avevano risucchiato erroneamente nel loro tunnel spazio-temporale avevano anche creato un paradosso temporale, cambiando la linea degli eventi in modo tale da consentire ai Na’kuhl di optare in un nuovo ritorno all’epoca di Leo. Stavano cercando di sfruttare quell’anomalia per ritentare ciò che avevano fallito precedentemente, cioè evitare di far nascere la Federazione e quindi il progresso e la prosperità che le epoche a venire avrebbero conosciuto. Era però necessario eliminare anche Leo per far si che quella linea temporale deviata si rendesse stabile e definitiva.
“Capisco che questi intrecci temporali siano complicati da capire e spesso è difficile anche per noi comprenderli fino in fondo.” – riprese Bashir vedendo che lo sguardo di Leo era ancora poco convinto – “Il tempo non è lineare, Leo… gli eventi del passato possono avere ripercussioni a volte incomprensibili o impreviste nel futuro.” Leo iniziava lentamente a capire, tuttavia il suo povero e confuso cervello stava ancora vagando in una miriade di concetti astrusi sulla relatività spazio-temporale, cercando di trovare un vago significato al tutto. Per dire la verità non gli era ancora affatto chiaro in cosa consistesse e quando mai si fosse verificata questa fantomatica invasione dei Na’kuhl. Il suo mondo era sì pieno di problemi e contraddizioni, ma possibile che una razza aliena, seppur avanzata e senza scrupoli, avesse potuto mettere in opera una vera e propria invasione senza che nessuno se ne accorgesse? Certo, il 21° secolo agli occhi dei Na’kuhl era sicuramente arretrato e tecnologicamente impreparato, ma si sarebbe senz’altro compattato e opposto con tutte le sue esigue forze ad una potenza aliena che lo avesse invaso… o almeno avrebbe tentato di farlo in qualche modo. Tra i mille problemi che assillavano l’epoca di Leo non c’erano certo le invasioni aliene… o almeno questo era ciò che Leo aveva sempre creduto e con lui la gran parte delle persone del suo pianeta.
Daniels, che forse aveva intuito ciò che stava pensando Leo, gli spiegò che lo stile dei Na’kuhl non era certo quello dei classici invasori che i terrestri dell’epoca di Leo potevano immaginare e che erano radicati nel loro immaginario collettivo grazie alla letteratura e alla cinematografia. Insomma, nessuna enorme nave spaziale ad oscurare il cielo che distrugga palazzi e strade, o magari orde di alieni nerboruti e armati fino ai denti che fanno strage di ignari passanti. “Quella è roba da klingon o da cardassiani…” – ridacchiò sotto i baffi O’Brien, richiamando gli sguardi seri e severi degli altri.
La capacità di resistenza e di adattamento degli uomini a minacce di questo tipo era cosa nota e radicata nei terrestri già molto prima del 21° secolo. Gli uomini non si sarebbero certo arresi facilmente ad un’invasione di questo tipo: anzi, una minaccia così soverchiante li avrebbe finalmente e paradossalmente aiutati ad unirsi contro il loro nemico comune, sortendo l’effetto opposto a quello voluto dai loro invasori. Le forze dei Na’kuhl, tra l’altro, non erano certo così numerose come quelle terrestri e, benchè militarmente così avanzati, avrebbero rischiato molte perdite e forse anche una rapida sconfitta. Discorso diverso invece se quegli stessi uomini non avessero saputo nulla della minaccia che stava incombendo sulle loro esistenze. I Na’kuhl avevano preferito procedere come già fatto nella loro incursione nel 20° secolo, ma stavolta in modo ancor più sottile e subdolo. Avevano capito che la debolezza maggiore dell’uomo è la sua avidità e la sua sete di potere. Erano quindi giunti nel 21° secolo circa 30 anni prima dell’epoca in cui si svolsero i fatti che coinvolsero Leo, in modo da avere più tempo di agire o semplicemente per un errore del loro portale temporale (ciò non era ancora noto). Agirono corrompendo i potenti e i governanti della Terra, promettendo loro ancor più potere e ricchezze grazie ad un lento rilascio di informazioni sulla loro tecnologia avanzata. Naturalmente agirono in modo simile con entrambe le superpotenze dell’epoca, USA e URSS, contribuendo a mantenere vivi i blocchi politici e militari antagonisti che stavano lentamente sgretolandosi prima del loro arrivo. Le idee alla base di Solidarnosc, del crollo del muro di Berlino e della nascita di un’Europa comune furono presto offuscate e deviate nelle logiche perverse del mercato comune europeo prima, e dell’Unione Europea declinata in sola chiave economica e finanziaria poi. Gli ideali di pace, unità e fratellanza che erano nati faticosamente al termine del secondo conflitto mondiale, lasciarono ben presto spazio a quelli della prevaricazione, del profitto selvaggio e dell’arricchimento senza scrupoli. La finanza e le banche furono il loro lento e inesorabile strumento di divisione, una divisione che era mascherata da unità e da mille bellissimi slogan fatti di plastica e di informazione deviata. Le guerre e i conflitti, insieme ai mezzi di informazione pilotati riuscirono a narcotizzare e a distrarre le coscienze da ciò che stava avvenendo e che lentamente aveva portato alla situazione attuale nel mondo. Continuando così la Terra non avrebbe mai raggiunto la sua unità ma solo una realtà che avrebbe portato i pochi ricchi e potenti a dominare masse infinite di poveri sempre più poveri e, per questo, sempre più onnubilati dall’ignoranza. Tutto ciò fino all’inevitabile conflitto finale… di certo questo non innescato dai Na’kuhl ma dagli stessi terrestri che, stritolati da decenni di privazioni e di soprusi, si sarebbero rivoltati contro i loro potenti e autodistrutti con le loro stesse mani. Tutto ciò senza colpo ferire agli astuti alieni invasori, che si sarebbero limitati ad aver pazienza e ad osservare compiaciuti le loro trame e i loro orditi di morte. Strategia facile e indolore.
Leo rimase senza parole e impotente alle spiegazioni date da Daniels, ma qualcosa dentro di sé gli diceva che l’uomo aveva ragione. Quelle domande che spesso si poneva sui destini della sua martoriata Terra ora avevano una risposta chiara. “Gruppo Bilderberg, Nuovo Ordine Mondiale, massonerie deviate… quindi è tutto collegato ai Na’kuhl?” – chiese sconvolto il povero Leo, che in cuor suo aveva sempre sospettato che lo fossero per qualche perverso motivo. “Non è così semplice, Giannelli… diciamo che sono stati strumenti asserviti allo scopo degli invasori dopo il loro arrivo, ma non posso rivelare di più per preservare la linea temporale che stiamo cercando di ripristinare”
Leo comprese la vaghezza dell’agente ma continuò a rimanere con mille dubbi e domande aperte dentro di sé. “D’accordo, ma tornando a me… perché dovermi uccidere proprio ora? Se è vero che questi invasori sono arrivati già da oltre 30 anni avrebbero potuto eliminarmi facilmente già da allora, quando ero ancora un bimbo.” L’agente Daniels gli rispose, comprensivo: “Se avessero tentato di ucciderla prima dei fatti di DS9 nulla di ciò che stiamo vivendo sarebbe mai accaduto, perché la sua assenza non avrebbe mai consentito al paradosso temporale di avvenire. Era indispensabile che la uccidessero solo dopo il suo ritorno dal 24° secolo.” “Fai come me, Leo: non ci pensare troppo. Altrimenti rischi di impazzire.” – intervenì ironicamente O’Brien cercando di abbozzare un sorriso, poi riprendendo – “E poi non fare quella faccia, coraggio… se siamo qui non tutto è perduto!”
Gli spiegò che la Federazione del 24° secolo, a seguito dell’appello richiesto da Daniels, si era mobilitata tornando anch’essa indietro nel tempo e costruendo lentamente una resistenza e delle basi segrete come quella in cui si trovavano in quel momento. Erano stati sufficienti quei pochi mesi dopo il ritorno di Leo nella sua epoca, per iniziare a costruire alcune contromisure e ideare dei piani in risposta alla strategia d’invasione dei Na’kuhl. Di certo non sarebbe stato un compito semplice né veloce, visto che non era stato loro possibile tornare indietro nell’esatto momento in cui gli invasori arrivarono nel secolo di Leo. Ma ora, grazie anche al fatto di aver recuperato il loro amico sano e salvo, sarebbe stato possibile in qualche modo anche cambiare quella linea temporale.
“Non saremo soli nella battaglia, Leo. Abbiamo preso contatto con alcune realtà di contestazione allo status-quo e li stiamo aiutando a reagire, in modo da cercare di controbilanciare l’influenza dei Na’kuhl sui poteri forti dell’economia e della politica.” – disse compiaciuto O’Brien, che aveva personalmente guidato in quegli ultimi tempi i contatti con i gruppi spontanei Anonymous e ‘Occupy Wall Street’. “Sappiamo benissimo che non sarà un compito semplice ricacciarli indietro nel loro tempo, Leo.” – aggiunse preoccupato il dottor Bashir, quasi intuendo i pensieri di Leo – “La nostra sola tecnologia e i nostri attacchi mirati non saranno sufficienti allo scopo. Dovremo rispondere alla loro strategia allo stesso modo, con una rivoluzione dal basso, che coinvolga le masse popolari e non solo le armi. La nostra sfida più grande sarà proprio quella di far risvegliare la gente dal suo torpore, sperando che si ribelli finchè ha ancora il potere e la forza di farlo.”
Leo sapeva bene quanto fosse difficile mobilitare le coscienze e farle reagire, specie poi nella sua società e in quella particolare situazione politica ed economica in cui viveva, dove molti non erano ancora nemmeno consci di ciò che stava avvenendo. Per la gente del 21° secolo poi era di certo più facile accettare soprusi passivamente, se questi portavano ancora qualche vantaggio per sé o per la propria piccola consorteria. Era questa l’umanità a cui Leo era abituato e non certo quella delle società in cui Julian o Miles vivevano… non parliamo poi di quella di Daniels, ancor più lontana nel tempo. Sebbene sentisse dentro di sé e sempre più forte l’indignazione e il desiderio di reagire, il suo grande iterrogativo era cosa mai avrebbe potuto fare lui, un semplice uomo comune con una vita altrettanto semplice, fatta di piccole cose, della sua famiglia, del suo lavoro ordinario. Una dimensione di vita di certo non avvezza ad alti ideali e a missioni eroiche. Sconsolato alla luce di quelle rivelazioni, fu d’improvviso fiondato dal suo raziocinio indietro alla sua inevitabile realtà: “Mi spiace, so quanto sia importante ciò che state facendo ma io non appartengo a questa lotta, ho delle responsabilità innanzitutto verso la mia famiglia. Non posso abbandonarli per i miei ideali, benchè io lo vorrei, specie dopo ciò che mi avete raccontato…”
Vide la figura silenziosa di Julian porsi di fronte a lui, con gli occhi tristi di chi stava per dare una terribile notizia: “Leo, devi essere forte. I Na’kuhl non hanno tentato di uccidere solo te… anche la tua famiglia è entrata nel loro mirino” – gli teneva strette le braccia con le mani, come per farlo reagire all’inevitabile dolore. Miles, che era rimasto in disparte gli girò le spalle per cercare di non far trasparire il suo profondo dispiacere: “Abbiamo cercato in ogni modo di fermarli, Leo… ma ci siamo accorti dei loro piani troppo tardi!” Gli occhi di Leo si riempirono di lacrime ma cercò di rimanere calmo e in silenzio. Ormai la sua esistenza di prima non gli apparteneva più e non avrebbe più potuto tornare indietro… e non solo perché avrebbe rischiato la vita nel farlo. Mai come in quel momento si era sentito sicuro e determinato a far pagare a quei maledetti i loro misfatti, per ciò che avevano fatto a lui e al mondo intero.
“Sono con voi, se mi volete.” – disse con la voce rotta dalle lacrime Leo, serrando i pugni. “Lei è una parte fondamentale del puzzle, guardiamarina Giannelli.” – disse calmo Daniels.
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Le figure dei tre uomini si confondevano nell’oscurità morente. Si muovevano veloci lungo il complesso industriale, fermandosi e nascondendosi di tanto in tanto, per controllare che non ci fosse nessuno a seguirli. L’illuminazione era scarsa ma dovevano fare in fretta: il chiarore dell’alba stava per irrompere e il loro breve tempo, come l’oscurità della notte, stava per terminare. “Capo, dove si trova il centro di controllo?” – sussurrò uno dei tre, affaticato dal fiatone per la lunga corsa. Un flebile trillo di tricorder e poi una voce, calma: “Dovremmo essere vicini… è laggiù!” Una nuova, forsennata corsa verso l’ingresso di un edificio basso e scarsamente illuminato. Fu semplice identificare l’ingresso laterale, mentre sapevano bene che quello principale era sorvegliato da telecamere. Quella porta era sbarrata e saldata da anni ma fu semplice aggirare l’ostacolo con un phaser a bassa intensità e a fascio concentrato, che agì velocemente come un diamante su un vetro, ritagliando una nuova apertura circolare. Con circospezione si diressero verso il centro scientifico di controllo: sapevano che quel corridoio non era stato monitorato ma avrebbero dovuto superare una porta blindata: cosa meno semplice da fare con un phaser standard.
Un rumore… qualcosa non era andato come previsto. Avevano messo qualcuno a guardia della porta blindata! I tre si nascosero alla meglio: per fortuna non erano stati identificati. Aspettarono il momento giusto, quando la guardia dava loro le spalle. Uno dei tre uscì dal suo nascondiglio e, con un balzo felino, piombò sulla guardia tenendogli chiusa la bocca. Con l’altra mano gli iniettò alla base del collo un hypospray carico di potente anestetico. Il malcapitato cadde riverso al suolo nel giro di pochi millesimi di secondo. “Bel lavoro, Julian…” – bisbigliò uno dei tre, con sollievo. Nel frattempo erano velocemente accorsi di fronte alla porta blindata. Questa era protetta da un complicato pannello di comando, con dispositivi molto sofisticati di riconoscimento con impronta digitale e retinica.
Uno dei tre uomini tolse il guanto nero che gli proteggeva la mano e strinse il pugno, lasciando fuoriuscire due piccoli tentacoli metallici dalla base delle sue dita. Questi si allungarono velocemente verso le feritoie dati del pannello di comando, innestandosi saldamente in esso. Dopo qualche istante il display luminoso sul pannello confermò l’accesso ai tre uomini e la porta blindata si aprì di scatto. A quell’ora non ci sarebbe stato nessuno a disturbarli, almeno per un po’. La sala era piena di computer e di schermi giganti che monitoravano in tempo reale infinità di dati e, probabilmente, l’attività di ogni satellite geostazionario in orbita sul pianeta. L’uomo che aveva aperto la porta blindata si sedette su una delle postazioni e innestò nuovamente i suoi tentacoli nelle porte dati di uno dei computer. I suoi occhi caddero come in trance: probabilmente stava accedendo alle informazioni dei database del sistema. Dopo un lungo istante ritornò in sé e sorrise. “E’ fatta… ho avuto accesso ad Echelon. Abbiamo i protocolli di sicurezza.” – disse soddisfatto agli altri due. “Ottimo lavoro, Leo!” – si lasciò scappare uno dei due, mentre l’altro gli scosse vigorosamente le spalle giubilando con lui in silenzio.
Poche ore più tardi tutte le emittenti TV, cavo e satellite del pianeta interruppero la loro normale programmazione. Ogni apparecchio televisivo del mondo venne acceso e sintonizzato su una trasmissione video pirata che non potè essere interrotta fino alla sua normale conclusione. Molte emittenti, essendo state indotte a farlo, spensero i loro trasmettitori ma, inspiegabilmente, gli apparecchi televisivi continuarono a trasmettere il messaggio ugualmente. Allo stesso modo ogni indirizzo internet venne dirottato verso il video del messaggio, in qualunque parte del mondo si fosse acceduto alla rete. Sullo schermo di ogni TV e di ogni computer apparve la figura rassicurante di un uomo di razza nera, calvo e con grandi occhi colmi di umanità. Qualcuno disse che si chiamava Sisko.
“Buongiorno, pianeta Terra. Mi spiace aver interrotto le vostre vite tranquille, normalmente non approvo questi metodi ma tutto questo è stato necessario affinchè voi capiste cosa sta succedendo. Alcuni tenteranno di non farci continuare, immagino che molti in questo momento cercheranno di interrompere queste mie parole. Il perché è semplice: le parole, il dialogo, aiutano a raggiungere la consapevolezza, il significato delle cose. Chi vi guida, oggi, sta cercando di nascondervi la verità e quindi noi, qui, da oggi abbiamo deciso di restituirvi questo potere. Il potere della conoscenza. La nostra speranza è che l’equità, la giustizia, la pace, la libertà non rimangano solo parole ma si trasformino in prospettive. La speranza è che questo sia solo l’inizio di qualcosa che cambierà la nostra realtà, con e soprattutto grazie al vostro impegno. ”
Quello fu solo il primo di una lunga serie di messaggi. Le parole di quell’uomo rimasero nelle menti e nei cuori di ogni persona del pianeta e – da lì in avanti – lo sarebbero state per lungo tempo, lasciando un segno indelebile nelle coscienze. Fino ad una nuova, inevitabile realtà.
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